ECCS
Trattamento con raggi ultravioletti

Accanto a metodi chimici vi sono anche metodi fisici per il trattamento delle acque, come il trattamento con raggi ultravioletti (UV) o la filtrazione su membrana (osmosi inversa).
Quest’ultima permette di trattenere (e quindi separare dall’acqua) particelle, batteri e virus e non crea sottoprodotti, ma comporta costi di gestione e di investimento molto alti.
Il trattamento con UV presenta bassi costi di investimento e di esercizio e neanche in questo caso si riscontrano sottoprodotti, perché gli UV (trattamento fisico, non chimico) interagiscono con il DNA e l’RNA dei microrganismi, alterandoli.

I raggi UV fanno parte dello spettro elettromagnetico e sono posti fra la luce visibile e i raggi X.
Tra i raggi ultravioletti si possono distinguere gli UV-C, che hanno un’azione microbica (lunghezza d’onda di 265 nm corrispondente alla distruzione degli acidi nucleici).
Per trattare acque contaminate da composti organici si utilizzano preferibilmente lampade a media e alta pressione.
Una determinata dose UV può essere ottenuta con un’elevata potenza e tempi di contatto brevi, oppure installando lampade a minor potenza e aumentando il tempo di contatto. La dose di UV è influenzata dall’invecchiamento delle lampade, che comporta una diminuzione dell’energia emessa, e dalla presenza nell’acqua di alcuni minerali disciolti. Prima dell’installazione è infatti utile eseguire delle valutazioni sull’UVT dell’acqua stessa (trasparenza ai raggi UV).

I raggi UV agiscono sugli acidi nucleici: possono denaturare il DNA e inattivare l’RNA, rendendo i microrganismi incapaci di replicarsi, oppure possono provocare effetti letali.
Il trattamento con UV può quindi essere utilizzato per depurare le acque da batteri e virus senza aggiunta di sostanze chimiche.
I dosaggi di radiazione sono applicati con intensità diverse a seconda delle caratteristiche dell’acqua da trattare e della qualità che si vuole ottenere.
Per impedire che i microrganismi tornino ad inquinare l’acqua, gli UV danneggiano il DNA in modo che non possa procedere alla ricostruzione cellulare. Per le acque potabili, che sono trasportate in condotti non esposti alla luce, il pericolo della ricomparsa dei microrganismi è ridotto.